Oggi è il mio compleanno. Diciamoci la verità, come splendido trentenne ho fallito di brutto, e pure come quarantenne che tutto sommato se la cava, sto già in grossa difficoltà.
Eppure c’è stato un tempo in cui il compleanno non rappresentava una tappa del deterioramento fisico e dell’affievolimento delle facoltà mentali, ma era solo un momento di svago, gli occhi su un futuro ancora troppo lontano per avere una forma.
E’ stato a ventitré anni. E’ durato quindici giorni.
Ma di quel periodo in cui avevo i capelli lunghi, l’orecchino, un dubbio gusto per l’abbigliamento, quindici chili di meno e l’entusiasmo di chi in fondo non capisce un cazzo, conservo un sacco di foto.
Allora mi crescevo gli anni per darmi un tono, oggi lo faccio perché se mi alzo l’età mi dicono che me li porto bene.
Quindi facciamo che ne ho quaranta, che suona pure meglio di trentotto. In fondo trentotto che numero è? Che mi rappresenta? Un numero che conta poco pure sul termometro.
Facciamo che ho quarant’anni per il prossimo quinquennio, così per un po’ non ci penso.
Nel frattempo sfoglio le foto dei mie quindici giorni di gloria, durante i miei ruggenti ventitré anni.
Ci sono delle facce scomparse, ma è bello vedere che ce ne sono alcune che ancora mi circondano.
Sono grato a quelle facce (invecchiate molto meno della mia, maledette!), anche se la vera soddisfazione ce l’ho se penso a quante se ne sono aggiunte dopo.
E’ bellissimo rivedere le foto di allora, ma penso che un giorno apprezzerò anche quelle di oggi.
In fondo a trentotto anni non è tardi per frequentare un corso di photoshop