La crisi delle librerie, specie quelle indipendenti, è un fenomeno che non si verifica solo in Italia, dove secondo l’Ali (Associazione librai italiani) dal 2012 al 2023 le librerie sono passate da 3901 a 3640: ad incidere su questi numeri sono una parte la diminuzione del numero di libri acquistati, dall’altra l’acquisto on line, che per costi, velocità e comodità spesso soppianta quello nella libreria fisica.
Già nel 2020 l’Associazione italiana editori (AIE) aveva annunciato il sorpasso delle librerie on line a scapito delle librerie fisiche. Un risultato che probabilmente risentiva della limitata circolazione imposta e in alcuni casi della forzata chiusura delle attività dovute alla pandemia Covid-19, con la conseguente diminuita abitudine dei lettori ad acquistare fisicamente il libro e a frequentare librerie tradizionali (del resto spesso impossibilitate dalle norme di sicurezza a organizzare iniziative e incontri pubblici che incentivassero le vendite). I dati degli anni successivi alla fase più acuta della pandemia, durante i quali le chiusure sono state prima rare e meno incidenti e poi assenti, confermerebbero questa ipotesi, essendo il fatturato delle librerie tradizionali tornato a crescere a livelli superiori rispetto a quello delle librerie on line, attestandole nuovamente come primo canale di vendita dei libri.
Tuttavia la concorrenza delle vendite on line che mette a rischio la sopravvivenza di quelle fisiche potrebbe rientrare in una normale dinamica di mercato se il settore in questione, l’editoria, non fosse considerato meritevole (dal legislatore e dalle autorità competenti) di particolare attenzione relativamente alla pluralità degli operatori e dei prodotti che dovrebbero arrivare ai lettori; da questo punto di vista, già la conformazione del mercato editoriale, con le sue enormi concentrazioni e integrazioni verticali, rende marginale il ruolo di mediatore culturale del libraio indipendente, ma in generale la scomparsa delle librerie rischia di indebolire l’offerta culturale dei territori: per dirla con le Stefano Mauri, editore (è presidente del gruppo Gems) e distributore di libri (è vicepresidente di Messaggerie italiane):”Quando i librai indipendenti scendono sotto una certa soglia, l’editoria diventa troppo d’allevamento, […] mentre con presentazioni, informazioni sui social e corsi di ogni genere, questi negozi diventano veri e propri centri culturali”.
Se per correre ai ripari in Italia sono state approvate due leggi che limitano la possibilità di fare sconti (più facili per chi vende on line), con la Legge Levi del 2011 e con la più recente Legge 15/2020, di cui ho già scritto in passato (qui l’articolo pubblicato da The Vision) in Francia si fa di più: è appena entrato in vigore un decreto che tassa di tre euro le consegne per l’acquisto di libri on line relativo a ordini inferiori ai trentacinque euro, mentre rende illegale la spedizione gratuita per ogni tipo di importo (anche se potrà essere applicato anche un solo centesimo per questo il servizio).
È chiaro come l’obiettivo del Governo francese sia cercare di penalizzare la distribuzione dei colossi del web per garantire maggiore competitività alle librerie, per questo non si è fatta attendere la reazione del più importante rivenditore on line, Amazon, che ha denunciato la scelta come dannosa per l’interesse dei cittadini, cavalcando quella argomentazione tutt’altro che campata in aria secondo la quale, se il consumatore riceve un servizio migliore, l’innovazione è da considerarsi sempre positiva. E’ anche vero che ad Amazon, così come ad ogni altro operatore commerciale, interessa vendere un libro, e non certo proporre, scegliere, sviluppare capacità critica o creare una comunità di lettori, obiettivi che invece sembrano porsi i legislatori. Di contro, i librai francesi riuniti sotto la sigla SLF, reputano la misura ancora insufficiente a colmare il gap competitivo, dovendo sostenere spese di spedizione mediamente di 7,5 euro. Vedremo se questa misura risulterà efficace, ma mi sorprenderei se tre euro fossero sufficienti a cambiare le abitudini dei francesi e a mantenere in vita i presidi culturali che le librerie fisiche rappresentano sul territorio.