
La copertina di LSC Mag su cui è stato pubblicato questo editoriale.
Mario Soldati in America primo amore descrive l’accoglienza ricevuta a Neviorche da un italo americano emigrato nella grande mela.
Il suo ospite ha maggiore dimestichezza con l’inglese rispetto allo scrittore, sebbene ciancichi la lingua yankee con residui di un italiano dialettale.
L’italoamericano, che negli anni ‘30 ascolta Torna a Surriento sparato dal grammofono, è orgoglioso della sua condizione: parla la lingua, vive in un posto lontano da casa, un posto che è diventato la sua casa, non è meno americano di chi è nato oltreoceano, o almeno non ci si sente.
E lui, arrivato con la valigia di cartone, apostrofa lo scrittore torinese, che arranca con l’inglese, con un «accà siete ‘nu cafone.»
Soldati, intellettuale che va negli Usa per via di una borsa di studio alla Columbia University, fuori dal contesto che gli è proprio, in casa di un emigrato con la valigia di cartone che, in qualche modo, è riuscito a ritagliarsi uno spazio a New York, è questo: ‘nu cafone.