Stelle cadenti

Il 10 agosto del 1998 non ero di buon umore.

Tornando a casa dopo una serata tra amici, avevo passato tutto il tragitto fatto in macchina a pensare a quante cose mi mancassero per potermi dire felice. Non avevo una ragazza, un lavoro che mi piacesse, non riuscivo ad avere la speditezza che i miei studi reclamavano, guidavo un’utilitaria dei miei genitori e non mi piaceva nemmeno il posto dove vivevo. Una miriade di altre piccole frustrazioni mi tormentava nei momenti peggiori e occupavano latenti uno spazio nei miei pensieri anche quando le cose andavano bene. Il futuro che tanto avevo immaginato prima dei vent’anni non somigliava per niente al presente che si stava concretizzando.
La notte del 10 agosto del 1998, poco prima di aprire la porta della casa in campagna dove vivevo con i miei, mi sedetti sul gradino della porta. Il cane, che poverino tenevamo legato ad una catena su richiesta dei vicini, mi si avvicinò trascinando la sua compagna di ferro. Lo abbracciai, più che per affetto perché non volevo che lo strusciare della catena svegliasse qualcuno. Con il suo collo sottobraccio, cercando di evitare il suo muso che cercava il mio volto, guardai in alto, non so ancora dire perché: non cercavo una stella cadente, l’idea era più quella di capire in che punto preciso della mia vita mi trovassi.
Vidi tante strisce luminose solcare un cielo stracolmo di stelle. Non so quante fossero, nei ricordi si sono moltiplicate e sono dozzine, scintillanti come fuochi d’artificio. Ricordo che espressi tanti desideri, anche più delle stelle a disposizione.
Sì avverarono tutti. Alcuni subito, per altri ci vollero anni. È vero che i più difficili furono il frutto di mie azioni volte a realizzarli, ma anche trovare la forza e il coraggio di compiere quelle azioni era un mio desiderio.
Se ci penso bene, oggi non c’è niente che io non abbia, di quanto avrei voluto avere la notte del 10 agosto del 1998.

Ma non ho più nulla di quanto avessi quella notte. Nulla di quello che allora mi rendeva felice e che davo per scontato.

Se stasera vedessi una stella cadente, chiederei le solite cose: la salute, la protezione dei miei cari, un po’ di fortuna. “La serenità”, ho imparato a dire con gli anni.
Desideri figli del qui e dell’ora, è normale che sia così.
Ma se ne vedessi tante, di stelle, tante come quella notte in cui abbracciavo il mio cane sull’uscio di casa, sono sicuro che utilizzerei la fantasia per desideri meno banali, immediati. E alla fine, una delle richieste, sarebbe anche di non farmela mai dimenticare, la lezione imparata la notte del 10 agosto del 1998.

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