Erano gli anni del grunge, c’erano i Nirvana e le camicie a quadrettoni, i maglioni grandissimi che quasi ti nascondevano le mani, che se eri figo li portavi sulla pelle. C’erano gli anfibi, per le ragazze anche sotto la gonna, loro tutte o quasi con la frangetta e vai a capire perché, noi tutti o quasi col bomber, gli occhiali scuri comprati alla bancarella, le magliette a maniche lunghe con i bottoni al collo.
Erano gli anni in cui ci si passavano poche sigarette, nessun libro e qualche Dylan Dog, fumetti da scoprire e selle del motorino da dividere, come i soldi per la birra: la Du Demon per i più duri, per tutti gli altri Ceres. Vicino lo specchio gel o spuma, se ti andava bene il Denim del supermercato e se ti andava male anche il Clerasyl, se era finito il Topexan, o peggio il dentifricio.
In Tv Le giacche colorate e il codino di chi canta nelle piazze, le ragazze in minigonna che ballano please don’t go e il biondino che non si sa cosa cazzo faccia, sul palco, accanto a quello che canta l’uomo ragno. Il giovedì sera con Dylan o Brandon, Kelly o Brenda, e Steve che non piace a nessuno mentre Donna l’hanno scelta perché è la nipote (la figlia?) del capo.
A scuola le autogestioni, le occupazioni, i cori e la sega per il cinema mattutino. Il professore fico e la professoressa stronza etichette immancabili, come i diari, quelli più belli di Smemoranda o Comix, ricettacolo di stati d’animo altrui, presi in prestito da cantanti o da un poeta di cui non si conosce altro; le ragazze dell’altra sezione sono sempre meglio e i ragazzi dell’altra sezione sono sempre dei coglioni, ma che ci trova quella in quello lì?
C’erano i vecchi di trent’anni o i ragazzini con la riga di sessanta centimetri che sbuca dallo zaino invicta, le scritte con l’Uniposca a marchiarlo come trofeo di guerra. Al telefono la signora cui chiedere se lui o lei sono in casa, facendo finta che ti servono i compiti, sapendo che non li farai. I compiti, quelli meglio insieme, che in due si studia meno che da soli, ma tanto ci sono sempre i telefilm di Italia 1 che insidiano la concentrazione pomeridiana e le due ore al mattino in cui alzandoti prima pensi di recuperare due mesi di non studio.
Il milleeunonote giallo pieno di cantautori di un tempo non nostro, l’amico portava la chitarra, gli ultimi posti sull’autobus, pure al ritorno: “I posti di primaa!!!”. E il Raider che chissà perché gli hanno cambiato nome, le tute acetate, il cappellino con la visiera, i soldi del regalo di nonna, Il gillet di pelle e le coreografie uguali per tutti in discoteca, ballando nei Jeans di Via Sannio la musica imparata su Videomusic o Magic Tv.
E poi le prime coppie, sempre minoranza nel gruppo, un po’ invidiate e un po’ che palle, e le feste di diciott’anni col DJ fatto in casa, che all’inizio sembrano un evento ma poi cresci e invece niente di che.
Poi iniziano a mancarti, quando non ti ci invitano più.