
Questo articolo è stato pubblicato su LSC MAG n.1 Anno VIII
Ciclicamente, nel dibattito intorno alla letteratura (ma forse faremmo meglio a dire: all’editoria), si ripropone la questione sulla qualità, o letterarietà, dei libri pubblicati.
Le argomentazioni ruotano intorno a due entità più alternative che complementari e al riscontro che il libro ha ottenuto presso di esse: il pubblico (le vendite) e la critica (ossia le recensioni positive o assenti, essendo in disuso le stroncature).
Il libro vende oppure piace alla critica, si è soliti dire. Convinzione questa applicata solo alla narrativa, non potendo la saggistica far a meno dell’autorevolezza, e non esistendo (salvo rari casi, penso a Dalla cripta di Michele Mari) un vero mercato per la poesia.
Eppure vendite e giudizi, se non in ambito accademico, almeno su terze pagine e supplementi, iniziano a convergere. Quello che piace alla critica finisce per essere acquistato (letto?) anche dal pubblico. Nessuna formula magica, forse solo reciproche concessioni tra i due poli di questa dialettica.
Guardiamo al pubblico: l’editore cerca i lettori per sua natura (e sopravvivenza), meglio se numerosi. Eppure, se si analizzano i dati con distacco, non sfugge che, con poche eccezioni, il “grande pubblico” nell’ambito della letteratura non esista. Un discreto successo editoriale fa numeri modesti, poche decine di migliaia di lettori. Confrontandoli con quelli di un booktuber, un food blogger o un influencer di Instagram, ne emerge la relativa pochezza. Il grande pubblico è il Graal che si insegue, ma, per migliaia di libri che invadono le librerie, di fatto non c’è.
E la critica? Esiste questo soggetto, quasi astratto, capace di riconoscere la letteratura e di donarla (sottrarla?) al popolo dei lettori, privo degli stessi strumenti interpretativi?
Certo che sì, solo che pare sempre meno capace di incidere nelle scelte del lettore, a volte per mancanza di volontà (la critica di per sé non nasce per educare i lettori, né ha interesse a farlo), più spesso per mancanza di spazi, anche escludendo per comodità quelli che, pur capaci di contributi più o meno interessanti, non hanno la presunzione di sostituire la propria voce a quella di una critica consapevole, cui si riconosce maggiore autorevolezza (fenomeno sviluppato soprattutto sul web).
Cosa emerge da una veloce ricognizione? Che sui giornali, nei supplementi, in tv, la critica vede integrata (sostituita?) la propria voce con quella di altri soggetti, accreditati presso il pubblico: scrittori, giornalisti, influencer e padroni di salotti televisivi. Spesso sono proprio loro a battezzare Casi Letterari Dell’Anno, riconoscere le Stigmate Dello Scrittore, l’Intellettuale Di Riferimento, fino all’iperbole del Migliore Scrittore Italiano, titolo di difficile assegnazione per l’ampiezza dei parametri necessari, eppure spesso abusato per incoronare usurpatori (talvolta loro malgrado).
Un paradosso, questo di un pubblico assente che segue una critica assente, che solo in parte (minima) è dovuto ai lettori: a determinarlo è stata sia l’autoreferenzialità di una certa critica (“i lettori studino”) che la mancanza di fiducia nel lettore di chi fa intermediazione culturale, in primis gli editori, che se non devono pubblicare per beneficenza nemmeno dovrebbero dimenticare la propria funzione, cioè formare
il mercato, non solo inseguirlo.
Così il (sempre meno grande) pubblico, finisce per identificare la (sempre meno autorevole) critica in nuovi interlocutori: un po’ come quando nell’antichità, non vedendo mai scendere gli dèi dall’Olimpo, si iniziò a credere che la loro voce fosse quella dei sacerdoti che parlavano nel tempio. Certo, la differenza c’è: gli dèi dell’Olimpo non esistevano, la critica invece sì.
Ma anche qualora recuperasse i propri spazi, esiste la possibilità che libri mediocri, osannati di volta in volta dal fascettismo del mercato, le abbiano fatto perdere credibilità, e che dunque oggi non sia più in grado di fornire migliori strumenti di giudizio al lettore, permettendogli di scegliere anche libri (solo sulla carta) difficili.