Partita Più libri più liberi, ma attenzione alla falsa equazione piccolo editore = qualità

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Oggi al Palazzo dei Congressi di Roma è partita la dodicesima edizione di Più libri più liberi, fiera della piccola e media editoria che in Italia fa registrare numeri inferiori soltanto al Salone internazionale del libro di Torino per pubblico e partecipazione di case editrici.

Sono in molti, recentemente, ad aver criticato questi eventi, colpevoli di essere fini a sé stessi e di non gettare le basi per una crescita organica del settore. Si tratta di una posizione che non condivido, né potrei fare altrimenti dal momento che io stesso sono il promotore di Liberi sulla Carta, fiera dell’editoria indipendente che sebbene sia di proporzioni ridottissime rispetto ai giganti citati, contribuisce alla vendita di circa mille volumi ogni anno e garantisce una certa visibilità a editori che difficilmente avrebbero la possibilità di accedere agli onerosi appuntamenti di Roma e Torino (e che, qualora lo facessero, sarebbero fagocitati da operatori più grandi esattamente come avviene in libreria). Né si può accusare chi dà vita a questi eventi di non andare oltre l’estemporaneità dell’iniziativa: non sono gli organizzatori delle manifestazioni, in definitiva, a doversi assumere questa responsabilità.

Detto questo, sono state mosse al sistema fiera anche delle critiche più organiche, che toccano temi legati alla qualità degli editori promossi e al ruolo stesso dell’editore. Suggerisco, se si vuole approfondire l’argomento, di leggere la proposta di Carolina Cutolo per Scrittori in causa di non concedere spazi espositivi agli editori a pagamento, così come la lucida analisi di Federico Novaro e la sua denuncia circa l’appiattimento della proposta culturale all’interno delle fiere,  con case editrici di qualità che vengono nascoste in un’esposizione pantagruelica, che non si nega pessimi editori e venditori di finte pergamene con il proprio nome. Se invece volete sapere quale sia il mio punto di vista sulla necessità di diminuire drasticamente il numero delle pubblicazioni e concentrarsi sulla qualità delle stesse, in un’ottica però non limitata ai piccoli editori, ne ho già parlato qui, su questo blog.

Su questo tema però, vorrei dire la mia: ritengo utilissima l’organizzazione di eventi, anche mastodontici come quelli qui citati, per promuovere la lettura e aiutare le case editrici a entrare in contatto con il proprio pubblico, a maggior ragione se si tratta di piccola e media editoria o editoria indipendente.

Sono da sempre un sostenitore della bibliodiversità e della necessità di diversificare al massimo livello l’offerta culturale. L’importante però è non fare di questa posizione una bandiera in modo acritico e uscire dalla trappola del finto assioma: grande editoria=prodotto commerciale, piccola editoria o editoria indipendente=libro di qualità. Perché i migliori libri spessissimo sono pubblicati dagli editori maggiori, mentre la quasi totalità dei titoli spazzatura sono pubblicati da editori che forse non sono davvero degni di questo titolo. E, nel caso degli editori a pagamento, tolgo anche il forse.

Mi rendo conto della difficoltà di individuare editori meritevoli di partecipare a una kermesse così grande in virtù del proprio catalogo e delle proprie strategie editoriali, ma lo sforzo va fatto se si vuole dare a questi appuntamenti un valore maggiore di quello che daremmo a un immenso centro commerciale del libro, in cui conviene andare perché dentro c’è tutto. Perché è proprio in quel tutto, che sta la differenza, e un lettore che si abitua a leggere tutto, prima o poi arriverà alla conclusione che non vale la pena leggere niente.

Un pensiero su “Partita Più libri più liberi, ma attenzione alla falsa equazione piccolo editore = qualità

  1. Le fiere servono per avvicinare i lettori ma trovo più qualità in quelle piccole che in quelle grandi dove sembra di essere al circo e non puoi stare cinque minuti davanti ad uno stand perchè c’è gente dietro che aspetta.

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