Donna, Vita, Libertà: la proposta del Patrocinio politico per chi in Iran lotta per la libertà

Il 16 gennaio 2023 al Teatro Manzoni di Roma si è svolto un incontro che ha dato vita a una Rete di solidarietà per le donne, gli studenti e tutto il popolo iraniano in lotta per la propria libertà, coordinato da WOMAN LIFE FREEDOM ITALY COMMUNITY in collaborazione con APS Donne di Carta, Amnesty International Italia e il Teatro Manzoni.

Un momento del dibattito del 16 gennaio al Teatro Manzoni.

Oltre a toccanti testimonianze e momenti artistici curati da artiste italiane ed iraniane, c’è stato anche un dibattito politico cui hanno partecipato diversi esponenti delle istituzioni, del giornalismo e della società civile, che ha rilanciato la proposta del Patrocinio politico per chi è vittima della repressione del regime.

L’iniziativa – già presentata alla Commissione esteri della Camera – propone di assumere, da parte di ciascun parlamentare italiano (ma probabilmente anche da parte di città metropolitane,Comuni, Municipi o altre importanti amministrazioni) il Patrocinio politico di una donna o di un uomo ingiustamente detenuti nelle carceri del regime, processati, in attesa di processo o in attesa dell’esecuzione della pena di morte, con una serie di azioni che mettano la pressione della comunità internazionale su giudici e carcerieri.

Io ho già firmato l’appello, per conoscere meglio l’iniziativa e sottoscriverlo anche tu l’appello, clicca qui. Te ne sarei davvero grato.

Per approfondire la questione puoi ascoltare il dibattito del 16 gennaio invece, cliccando qui.

Può essere un’azione utile o velleitaria, ma è l’unica che ci è concessa per non chiudere gli occhi di fronte all’orrore di questi mesi. C’è un popolo coraggioso che sta manifestando da mesi, cerchiamo di fargli arrivare il segnale che almeno idealmente (e per quanto possibile praticamente), non è solo.

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Donna, Vita, Libertà! Il 16 gennaio lo gridiamo insieme

Il 13 ottobre del 2022 ho partecipato a un sit-in con le donne iraniane in Italia sotto l’ambasciata dell’Iran a Roma, in cui è riecheggiato forte il grido di Donna, Vita, Libertà.

Il 16 gennaio si terrà presso il Teatro Manzoni un altro appuntamento per fare sentire la nostra vicinanza e per creare una rete che faccia crescere la pressione dell’opinione pubblica internazionale verso il regime Iraniano.

Quando gli organizzatori mi hanno contattato ho aderito con convinzione e firmato l’appello per la Libertà delle donne iraniane “FACCIAMO RETE PER LA LIBERTÀ IN IRAN”: il 16 gennaio ci sarò, perché a volte tutto ciò che possiamo fare è esserci, e spesso non facciamo neanche quello.

Teniamo alti i fari sulla lotta delle donne iraniane e lunedì 16 gennaio 2023, alle ore 20.30 al Teatro Manzoni di Roma, incontriamoci in una serata dedicata alla costruzione di una Rete di sostegno alla lotta non violenta del popolo iraniano organizzata da WOMAN LIFE FREEDOM ITALY COMMUNITY in collaborazione con APS Donne di Carta, Amnesty International Italia e il Teatro.

Apriranno la serata l’installazione artistica “Mille Gru di origami per Donna Vita Libertà, una performance degli studenti iraniani residenti a Roma e una performance di musica, letture e poesie della protesta.
Proseguirà il dibattito sul tema del PATROCINIO POLITICO e altre forme di sostegno ad oltre 18 mila oppositori iraniani arrestati dal 16 settembre 2022 in seguito all’uccisione di Mahsa (Jina) Amini e l’inizio delle proteste in Iran che hanno dato vita al movimento “Donna Vita Libertà”.

Modera Lucia Goracci, intervengono: l’on. Laura Boldrini, la senatrice Cecilia D’Elia, Tina Marinari di Amnesty International, Gabriella Colarusso (La Repubblica), il prof. Massimo Papa (Università Tor Vergata), l’avvocata Deniz Ali Asghari Kivage e l’attivista Parisa Nazari.

La RETE di sostegno conta già 300 adesioni da molte regioni italiane tra gli esponenti della politica, della cultura e della società civile italiana.

Per informazioni

TEATRO MANZONI, via Monte Zebio, 14 ROMA
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Per prenotarsi:
Tel. 06.32.23.634 WhatsApp 327.89.59.298

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Le donne non sono migliori

Non è vero che sono migliori.
Non sono più forti.
Non è manco vero che sono più belle, più armoniche, che il loro corpo è più “artistico”. Ne ho viste di brutte e sgraziate, alcune almeno quanto lo sono io.

Se sopportano di più il dolore, la fatica, il peso della famiglia, la cura del prossimo, è perché non hanno la possibilità di smettere di farlo. Non è che gli schiavi sopportassero la frusta più dei commessi viaggiatori, no?

Se le donne hanno maggiore cura del corpo o della bellezza, non è perché hanno senso estetico innato, ma perché a qualcuno ha fatto comodo facessero così; nel rendere naturale ciò che è artificiale e immorale ciò che è naturale, in fondo gli uomini sono pratici.

Se comandassero le donne, ci sarebbero comunque le guerre. Specie se le scegliessimo con gli stessi criteri che usiamo per gli uomini.

E non è manco vero che sono “difficili da capire”. Non più di chiunque altro ci si sforzi di capire davvero.

Le donne non sono come quelle descritte oggi nei complimenti che ricevono dagli uomini.

Anche se si tratta di uomini sinceri, di quelli che pensano di amarle e rispettarle più degli altri.

E mentre le amano e rispettano, anche loro fanno violenza. Non le picchiano, e meno male, ma subdolamente, inconsciamente nel migliore dei casi, commettono una terribile violenza: le inventano.

Inventano le donne. Le definiscono.

E loro, le più fortunate, sono costrette ad accomodarsi in questa bella sagoma preconfezionata. Dai maschi.

Ed eccole lì, le meravigliose donne, portatrici di virtù, amate e rispettate dai maschi come fossero doni della natura.

E invece sono solo donne. Qualcuna pure stronza.

Capita: sono una diversa dall’altra.

Possono essere in gamba, ma anche incapaci. Affidabili o inette, crudeli o compassionevoli, interessanti o insopportabili. Il più delle volte tutte queste cose insieme a seconda delle circostanze.

Possono essere un sacco di cose, ma non sono l’altra metà del cielo o della mela, non sono il gentil sesso, tanto meno il sesso debole, che ormai la forza non serve più, manco ad aprire il barattolo di maionese.

Sono donne. Riconosciamole per come sono, non per come pensiamo siano, o peggio vorremmo che fossero.

Sono donne. E lo sono senza aver bisogno di maschi che spiegano loro come esserlo o che riconoscano loro la straordinarietà nell’esserlo.

Sono donne, e noi maschi non possiamo mica aiutarle ad esserlo, non ne hanno mica bisogno.

Di essere libere, e con gli stessi diritti? Sì, di quello hanno bisogno.

Di guadagnare quanto un uomo.

Di avere sui figli le stesse responsabilità. Come sulla casa, sul letto o in ogni altro contesto possano stare insieme un uomo e una donna.

E se hanno il diritto di non essere minacciate, hanno anche quello di non dover essere protette. Men che meno perché sono le “nostre” donne.

Non c’è bisogno di lodarle, osannarle, innalzarle, proteggerle. Non serve a loro: quello serve a noi, una volta l’anno.

Essere un po’ meno uomini di merda invece sì, quello aiuterebbe.

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Uomo, donna, bambini: in Parlamento come in casa

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Oggi è la giornata mondiale per i diritti dell’Infanzia e l’adolescenza, tra qualche giorno sarà quella contro la violenza sulle donne: due buone occasioni per sentire edificanti dichiarazioni provenienti dal mondo politico e istituzionale, molte delle quali incentrate sul superamento del modello patriarcale, che vede la donna occuparsi dei figli mentre all’uomo è riservato il compito di portare i soldi in casa. Continua a leggere

Uomini che odiano le donne?

Viviamo l’epoca della (illusoria) disintermediazione globale, che ha permesso a chiunque sia dotato di una tastiera o di uno smartphone di entrare in contatto con tutti, fossero questi i grandi della terra, le icone pop del momento o una semplice platea virtuale.

In questo contesto c’è un termine inglese, haters, che è entrato nel vocabolario comune insieme alle altre parole legate all’utilizzo dei social network: selfie, like, follower ecc.

Un hater è letteralmente un odiatore, qualcuno cioè che impegna gran parte del suo tempo a odiare un personaggio che abbia una qualche visibilità, manifestando questo suo sentimento pubblicamente, sui social network, legittimato da una mal interpretata libertà di espressione.

Il fenomeno è complesso, tocca molti aspetti dell’organizzazione sociale, ed è trasversale: coinvolge utenti di diversa età e attivi in diversi ambiti, ed è difficile indicarne le cause, individuate a volte nell’invidia sociale, altre nella mancata educazione, altre ancora nella necessità di crearsi un’identità virtuale riconosciuta e definita proprio in base all’opposizione al nemico. Continua a leggere

Di questo ti devi vergognare, Giulia Sarti!

giulia-sarti-510Dicono che forse hai commesso un imbroglio per intascare dei soldi, che tra l’altro avevi tutti il diritto di intascare. Però se hai mentito è grave. Chiedono le tue dimissioni, e a me interessa il giusto, che in fondo manco t’ho votata.

Dicono poi che forse l’imbroglio lo hai fatto perché ricattata, perché circolano video o foto che ti ritraggono in intimità. “Nuda”, o pure peggio si dice, e io faccio fatica a capire quale sia il peggiorativo di nuda. Continua a leggere

Violenza sulle donne: decalogo anti-ipocrisia

700394c5460EDNmainDADAD54E-D083-47BC-A10B-67110237939BLa violenza sulle donne e il femminicidio sono piaghe terribili, molto facili da condannare per un uomo: in fondo riguardano una minoranza di individui, facilmente identificabili come il nemico da sconfiggere.

Ma se allargassimo il campo degli atteggiamenti offensivi della dignità delle donne? Magari facendoci qualche domanda su dove si annidi la mentalità che porta alle aberrazioni che tutti condanniamo.

Per esempio, forse offendiamo una donna quando:

  1. La costringiamo ad essere bella e la deridiamo se non lo è;
    “Dovresti valorizzarti”
    “Inchiavabile”
  2. Ne valutiamo le potenzialità sessuali anche se non è una sex worker;
    “Chissà questa che fa?”
  3. Ci domandiamo a chi ha concesso i suoi favori se ricopre una postazione professionale importante;
    “A chi l’ha data?”
  4. Consideriamo “uterino” o isterico ogni comportamento non conforme alle nostre aspettative;
    “Mi sa che sta in quei giorni”
  5. Facciamo considerazioni o diamo consigli sulle scelte che riguardano la sua vita sessuale;
    “Se vai con tutti, poi come puoi pretendere rispetto?”
  6. La invitiamo a prendere in considerazione una maternità perché l’età è quella giusta o le domandiamo perché non lo fa;
    “All’età tua bisogna che ti sbrighi!”
  7. Ne giudichiamo l’abbigliamento o l’atteggiamento in base al nostro stereotipo o al ruolo sociale che per noi dovrebbe ricoprire;
    “È una suora”
    “Ma ti pare che una mamma faccia così?”
  8. La educhiamo da bambina ponendo limiti alle sue possibilità future;
    “Dài, fai così, da brava signorina”
  9. Le chiediamo di tenere sempre in considerazione le reazioni che i suoi comportamenti possono provocare su un maschio.
    “Se fai così te la cerchi”
    “Quello è un uomo, figurati se puoi trattarlo così”
  10. La immaginiamo grande solo perché sta dietro un grande uomo: sono capaci di stare dove vogliono loro.